sabato 14 novembre 2009

Ravel per Padova. Di notte.


Forse dovrei intitolare queste righe “Padova, musica e web”, poiché con scoperta predilezione è alla città in cui vivo che le dedico. Gli impegni, le occupazioni del giorno mi concedono spesso l'occasione di frequentare il centro – l'anima medievale della città – tuttavia, nella fretta, mi accade di sfiorarlo noncurante. E quasi a giustificare la mia indifferenza, accuso d'essere sfuggenti i ciottoli, i palazzi. Padova ritorna a me, e io a lei, nel tramonto. E nella notte.Con imperdonabile presunzione, ora che sono qui a scriverne, mi fingo protagonista d'un personale Viaggio in Italia senza ambizioni (di spazi e scrittura), seduta a un caffè del ghetto, al primo accendersi dei lampioni. Goethe visitò Padova gli ultimi giorni di settembre del 1786. Dolce ouverture d'autunno. Mi alzo, muovo passi lenti sul pavé. Ma mentre passeggio sulla pagina mi circonda lAssez vif, secondo movimento del Quartetto per archi di Maurice Ravel. Invito alla corsa. Così scopro che Padova mi appartiene nell'ansimare di una fuga fra i vicoli del ghetto, che si diramano dal lato sud di Piazza delle Erbe, segnati dai portici di colonne sottili, soffusi di aloni dorati: via San Martino e Solferino, del Soncin, dei Fabbri. Mi nascondo negli antri dei portoni scuri, negli angoli neri. In cosciente allucinazione so che nessuno mi insegue. Ma che non uscirò mai dal labirinto. Trascrizione di misteriosa improvvisa angoscia. Dal foglio ai pizzicati. Specchiata sulla quinta perfetta della notte padovana.

SP - novembre 2009