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venerdì 5 marzo 2010

Sergej Rachmaninov, Song op. 21 n. 7



Tende chiare filtro di sole: l'aria è soffice ovatta.
Risuona Rachmaninov, voce e orchestra, con una dolcezza che mi par di non reggere. Leggo il testo che dal russo è tradotto in inglese. Mi fido, non conoscendo la lingua delle steppe. E tento una traduzione sfogliando soltanto dizionario di note.



  Sergej Rachmaninov, Song op. 21 n. 7
versi di Glafira A. Galina


How peaceful it is here.
Look! far away
the river blazes like fire
The meadows are carpets of colour
The clouds are radiant white
There's no one here
Silence reigns
I am alone with the Lord,
the flowers, the old pine tree
And you, my dream of delight!

Che immensa pace, qui.
Guarda! In distanza
il fiume è sfavillio di fiamma,
i prati tappeti d'arcobaleno.
Le nuvole scintillano candide.
Non c'è nessuno, qui.
Regnano silenzi.
Sono sola con Dio,
i fiori, l'antico pino
e te, mio sogno d'incanto!

sp © 2009/2010

sabato 20 febbraio 2010

Edvard Grieg. Due frammenti dalla Suite in stile antico "Aus Holberg Zeit"

Coppie a braccetto, passeggini, risa sguaiate. Rumori da domenica in centro nel deambulare annoiato che si specchia in una vetrina dopo l'altra. Daltonica nel fiume variopinto e disordinato più non distinguevo le rive e perdevo l'orientamento nelle mie strade conosciute a memoria. Ho inciampato in una città senza quasi accorgermene, calpestando cartacce, sbattendo contro gomiti e gambe. Nello striscio di luce tra un palazzo e l'altro, decidevo di non sentire più nulla, se non Grieg. E come per dispetto, per consolarmi, o forse farmi male, pensavo al più lieve degli sfioramenti. L'ho chiamato sfioramento nella domenica solitaria. Assoluto di dolcezza impossibile. Ma la musica aiuta. Sempre. Sarabanda



Imparo una tristezza dignitosa, da accettarsi con lo sguardo fermo, che non si abbassa. Le regioni buie dell'anima vanno accontentate e io dedico loro questa colonna sonora. Sarà, il mio, il solito dolore, la trita solitudine fin troppo lacrimosa. Ma in fondo non è di questa sofferenza definita e semplice che abbiamo bisogno? Sofferenza di cui sia facile scrivere e narrare, per breve illusione di sollievo. Aria

SP - giugno 2009

sabato 13 febbraio 2010

Gabriel Fauré, Barcarolle n. 1 op. 26


Quando l'incedere sembra perdere il ritmo, essere quello di storpio, quando con un tonfo sordo si è infine caduti e, smarrita ogni stella, non c'è orientamento nemmeno al dolore, quando perdersi nella dissolvenza di sé sul ciglio di strade di vento pare l'unico possibile destino e il ribellarsi banalità, ecco, dopo una notte impastata di silenzio, di nero e di vuoto, l'orecchio dal nulla torna a sentire in distanza le note, e il sangue a pulsare flebile nelle vene dei polsi chiari. Ancora il suono giunge a consolare discreto, come carezza di madre.





Le mani del pianista, Albert Ferber, invitano a rialzarmi, e restituiscono il tempo al mio passo, leggerezza al cuore pesante. Sembrano prendermi l'ovale del viso, carezzarlo, sfiorare le dita i miei polsi. E forse dolcemente, come nei ricordi. Ed è questa musica, tenue e perfetta, luce d'alba di timidi pastelli, che mi convince a riprendere la strada, anche se sconosciuta rimane sempre la meta.





SP - luglio 2009


sabato 14 novembre 2009

Ravel per Padova. Di notte.


Forse dovrei intitolare queste righe “Padova, musica e web”, poiché con scoperta predilezione è alla città in cui vivo che le dedico. Gli impegni, le occupazioni del giorno mi concedono spesso l'occasione di frequentare il centro – l'anima medievale della città – tuttavia, nella fretta, mi accade di sfiorarlo noncurante. E quasi a giustificare la mia indifferenza, accuso d'essere sfuggenti i ciottoli, i palazzi. Padova ritorna a me, e io a lei, nel tramonto. E nella notte.Con imperdonabile presunzione, ora che sono qui a scriverne, mi fingo protagonista d'un personale Viaggio in Italia senza ambizioni (di spazi e scrittura), seduta a un caffè del ghetto, al primo accendersi dei lampioni. Goethe visitò Padova gli ultimi giorni di settembre del 1786. Dolce ouverture d'autunno. Mi alzo, muovo passi lenti sul pavé. Ma mentre passeggio sulla pagina mi circonda lAssez vif, secondo movimento del Quartetto per archi di Maurice Ravel. Invito alla corsa. Così scopro che Padova mi appartiene nell'ansimare di una fuga fra i vicoli del ghetto, che si diramano dal lato sud di Piazza delle Erbe, segnati dai portici di colonne sottili, soffusi di aloni dorati: via San Martino e Solferino, del Soncin, dei Fabbri. Mi nascondo negli antri dei portoni scuri, negli angoli neri. In cosciente allucinazione so che nessuno mi insegue. Ma che non uscirò mai dal labirinto. Trascrizione di misteriosa improvvisa angoscia. Dal foglio ai pizzicati. Specchiata sulla quinta perfetta della notte padovana.

SP - novembre 2009

martedì 1 settembre 2009

Ughi, Allevi, la musica (con una proposta d'ascolto)


Dopo l'accesa polemica nata lo scorso dicembre fra il pianista Giovanni Allevi e il cosiddetto gotha della musica classica italiana e in questi giorni parzialmente rinfocolata in occasione del concerto che il pianista terrà domani all'Arena di Verona, spiace concludere che, ad eccezione di frecce infuocate tra le due parti contrapposte, lo scontro non ha portato né porterà ad alcun epilogo costruttivo. Anzi, grida e offese hanno in fondo abbastanza annoiato e le posizioni dei contendenti e dei loro rispettivi partigiani, arroccati alla tradizione o convinti sostenitori della filosofia dell'a me piace, si sono dimostrate quanto mai granitiche. Con il risultato seguente: il mondo della musica classica propriamente detta, quella di teatri e conservatori, appare oggi ai non addetti ancora più distante e impenetrabile. Quasi sprezzante. Dall'altra parte Giovanni Allevi vende sempre più biglietti, cd e libri. Corollario ancor più deprimente: davanti agli occhi e alle orecchie del pubblico, la musica italiana “seria” risulterebbe vivere soltanto nell'archetto di un sussiegoso violinista e/o nelle prodigiose dita di un pianista-compositore-filosofo-scrittore. Ma cosa pensa chi, al termine della battaglia, rimane solo sulla piana deserta? Perché, sia chiaro, vi sono alcuni che, se non si schierano con Allevi e definiscono le sue composizioni orecchiabili motivetti da sottofondo per ristoranti, nemmeno parteggiano per Ughi o per Muti, divinae auctoritates! E trovano anzi drammatico il nulla a cui si è voluto ridurre la nobile arte dei suoni come se, appunto, altro non fosse che partitura piuttosto povera e banale oppure territorio blindato dal quale i suddetti inesperti sono condannati con scherno a rimanere esclusi.


Inutile perdermi nel trito lamento per la voragine culturale in cui l'Italia è precipitata ormai da tempo, tuttavia questo è l'autentico dramma, il nodo centrale della questione: finché la musica non verrà insegnata con passione e competenza nella scuola dell'obbligo, a partire dalle elementari, finché non vi sarà dunque la giusta considerazione di quest'arte che merita un posto di massimo rilievo nel bagaglio culturale d'ognuno di noi, così come letteratura o storia dell'arte (e in Europa, anzi in tutto il mondo, sembriamo gli unici a non intenderne l'importanza), finché la sua conoscenza - teorica, storica e pratica - sarà affidata all'iniziativa o alla buona volontà di pochi (magari per tradizione familiare, magari per puro caso), bene, allora ogni discussione appare vana.

Cosa me ne faccio io delle critiche di Ughi ad Allevi, se non conosco Beethoven, se non ho mai sentito, magari con un'appropriata guida all'ascolto, un'intera sinfonia di Mozart, se nessuno mai mi ha spiegato che fra un movimento e l'altro di un quartetto oppure di un concerto, che so, per pianoforte, non bisogna, non ha senso applaudire? E soprattutto cosa posso capire quando questi venerati maestri continuano a parlarsi fra loro, criticando le canzonette con incomprensibile vocabolario?

La musica classica come ogni arte, in fondo, può essere apprezzata a più livelli. Non è certo necessario conoscere il pentagramma per commuoversi sulle note di Brahms o di Ravel. Così come non dobbiamo essere tutti grandi letterati per beneficiare dei versi di Pascoli o altrettanto grandi storici dell'arte per rimanere senza fiato di fronte al miracolo della Cappella Sistina.

Penso, tuttavia, che ciascuno di noi, con delle conoscenze pur minime, potrebbe esprimere un giudizio fondato su basi un poco più solide. Allevi potrà anche continuare a piacere, sono però dell'idea che tutta una larga fetta di pubblico non accetterebbe né apprezzerebbe oltre la favola della Rinascenzamusicale italiana della quale egli stesso per primo si incorona massimo, anzi unico esponente (con certa innegabile tracotanza). Molto probabilmente saremmo assaliti quanto meno da un dubbio: davvero questa è la musica classica? Davvero vogliamo chiamare i suoi brani nuove sonate, i suoi pezzi arrangiati per orchestra nuove sinfonie, nuovi concerti per pianoforte solista?Allevi è un musicista, nessuno vuole togliergli meriti, riempie i teatri, saemozionare (come dicono i suoi fedelissimi estimatori)... tutto vero, ma chiamiamo le cose con il loro nome o almeno non chiamiamole con il nome sbagliato!

Allevi non è classica, Bocelli non è lirica, Moccia non è letteratura: così suona il titolo di un gruppo che girava su Facebook qualche mese fa! Dopo aver letto un romanzo di Bassani, di Fenoglio, di Moravia oseremmo mettere Tre metri sopra il cielo allo stesso livello degli Indifferenti, del Partigiano Johnny? Leggiamo Moccia spensierati e alleggeriamoci dalle pesantezze quotidiane, ma non aggiungiamo altro!

Concludo con una proposta d'ascolto, ché un intervento composto di sola pars destruens risulta sempre troppo comodo e facile. O comunque un po' triste.

Ci sono anche altri artisti, altri compositori oggi, in Italia, che meritano attenzione e ammirazione. Magari non scatenano il fenomeno mediatico di Allevi (anche in virtù di un loro contegno), così come non hanno l'ardire d'essere definiti novelli Mozart, tuttavia sono musicisti originali, geniali e vivaci. Probabilmente più meritevoli d'essere considerati effettiva novità di spessore. E forse una terza via fra l'intrattenimento di Allevi e la grandezza dei maestri del passato. Mi permetto di proporne uno, il violoncellista e compositore Giovanni Sollima.


Video-clip in due tempi  Daydream 1    Daydream 2

Video intervista  Le architetture del jazz

Web-site personale  www.giovannisollima.it