sabato 13 febbraio 2010

Gabriel Fauré, Barcarolle n. 1 op. 26


Quando l'incedere sembra perdere il ritmo, essere quello di storpio, quando con un tonfo sordo si è infine caduti e, smarrita ogni stella, non c'è orientamento nemmeno al dolore, quando perdersi nella dissolvenza di sé sul ciglio di strade di vento pare l'unico possibile destino e il ribellarsi banalità, ecco, dopo una notte impastata di silenzio, di nero e di vuoto, l'orecchio dal nulla torna a sentire in distanza le note, e il sangue a pulsare flebile nelle vene dei polsi chiari. Ancora il suono giunge a consolare discreto, come carezza di madre.





Le mani del pianista, Albert Ferber, invitano a rialzarmi, e restituiscono il tempo al mio passo, leggerezza al cuore pesante. Sembrano prendermi l'ovale del viso, carezzarlo, sfiorare le dita i miei polsi. E forse dolcemente, come nei ricordi. Ed è questa musica, tenue e perfetta, luce d'alba di timidi pastelli, che mi convince a riprendere la strada, anche se sconosciuta rimane sempre la meta.





SP - luglio 2009


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