lunedì 22 febbraio 2010

La Riviera delle Ville


Sono cresciuta dentro le mura della nobile dinastia dei Carraresi, signori della mia città finché non è arrivata Venezia. E sono felice della conquista, perché serenissima mi sento, e d'acqua, di laguna.
Ho un posto privilegiato, un luogo dove corro ogni volta che gli spazi stretti soffocano o la mente pesante opprime. È la Riviera delle Ville, di Stra, Mira, Dolo, Malcontenta. Scivolano sulle anse del Brenta, una dopo l'altra, le magnifiche dimore, in teoria di silenziose nobiltà. E c'è verde attorno e acqua, ancora. Fino al mare.
Pazienza se si deve attraversare Marghera: è un attimo e il Petrolchimico è già scomparso. Ecco Fusina, un misero centro che guarda Venezia, da lontano, con soggezione. La meta è l'ultimo lembo di terra, un fazzoletto d'erba e cemento da cui immaginarsi lei, la Serenissima, aiutati dalla danza di luci fioche per feste ormai consumate. Venezia indistinta nella stanchezza.
Capita, all'improvviso, nella calma piatta, un rumore di ferro e acqua solcata: chiatte arrugginite tornano verso le raffinerie e sfilano a pochi metri dal parapetto. Visione che va frantumandosi. Ma nessuna scheggia di colore si è in realtà staccata dal quadro. Un quadro di marmi, metallo, cristalli, alghe, camini, di un bar abbandonato con una vecchia insegna del telefono e le piastrelle azzurre che si intravedono da una gabbia di sbarre.

SP - fine maggio 2009


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